Vite brevi di musicisti eminenti

Vite brevi di musicisti eminenti

Elisa Giobbi è una giornalista fiorentina da sempre appassionata di musica e ha al suo attivo diversi volumi come Firenze suona e Rock’n’Roll Noir. Il suo ultimo lavoro, uscito ad aprile per le edizioni Vololibero, si intitola Eterni: Vite brevi e romantiche di grandi compositori ed è un’affascinante viaggio che ricostruisce le biografie tormentate e  piene di oscuri enigmi di eccelsi compositori scomparsi troppo presto. Esistenze fugaci e intense quasi quanto quelle delle rockstar della fine del Ventesimo secolo, la cui scomparsa è, come per molti di questi grandi, ugualmente avvolta nel mistero.

L’autrice individua otto commoventi e avvincenti storie di musicisti (Pergolesi, Mozart, Schubert, Bellini, Mendelssohn, Chopin, Bizet e Gershwin) cui aggiunge un post scriptum in odore di jazz dedicato a Michel Petrucciani, anch’egli morto prima di compiere 40 anni a causa di una gravissima malattia degenerativa, che non ne mai minato quella folgorane vitalità creativa che gli ha consentito di essere annoverato, a buon diritto, tra i grandi della musica contemporanea.

Si inizia con la vita del ”fanciullo prodigio”, come veniva chiamato dai suoi compaesani Pergolesi, morto non si sa se per tisi o per amore. Il compositore di Jesi, infatti, visse un intenso e contrastato amore, la cui fine imposta dal fratello di lei, lo portò a segregarsi volontariamente nel convento dei Cappuccini di Pozzuoli, dove trovò la morte a soli 26 anni subito dopo aver terminato la stesura del suo capolavoro lo Stabat Mater.

Il racconto prosegue con il mistero e la leggenda che avvolgono  un altro grande musicista del passato Mozart. Mai chiarite le cause della morte (avvelenamento o malattia) e il luogo di sepoltura, tanto che oggi a Vienna esistono due monumenti funebri dedicati al grande genio di Salisburgo. La storia dei suoi ultimi mesi di vita, carica di foschi presagi, è davvero degna di un racconto gotico ed è stata magnificamente rappresentata anche dal film Amadeus di Miloš Forman. Malato e caduto in miseria, Mozart riceve in piena notte la visita di un uomo con un mantello nero e una maschera di carnevale che gli commissiona per cinquanta ducati un Requiem. Unica condizione: ha solo quattro settimane di tempo per terminare la composizione. Mozart si dedica con febbrile intensità alla stesura dell’opera cercando, invano, di scoprire l’identità dell’anonimo committente fino a convincersi che questi sia una creatura oltremondana e che la messa funebre sia destinata, in realtà, a se stesso. Allo scadere del tempo pattuito, l’uomo si ripresenta e constatando che il lavoro non era ancora terminato, concede altri cinquanta ducati e un altro mese di tempo. Il  compositore austrico non riuscì mai a portare a temine la sua ultima opera essendo sopraggiunta la morte a 37 anni compiuti. L’ultimo viaggio di uno dei più grandi geni musicali della storia termina in una anonima fossa comune.

Sulla vicenda umana di Bellini si allunga, come una lugubre ombra, la profezia di Heine secondo cui il musicista suo amico, come tutti i geni, sarebbe morto tra i 30 e 34 anni. Bellini morì, in effetti, a 33 anni a Puteaux nella villa di Samuel Levy e sua moglie, dove si era ritirato per via di una recrudescenza di febbri intestinali . In preda a delirio e convulsioni, il compositore catanese spirò senza ricevere assistenza medica e tenuto lontano da chiunque, compreso il barone D’Aquino ministro plenipotenziario.

L’avvincente e godibilissima narrazione prosegue poi con grandi nomi  come Schubert, Mendelssohn, Chopin del quale il suo amico e collega Franz Liszt scrisse che “usò l’arte per riflettere sulla tragedia della propria vita, ed è innegabile che i suoi infiniti disturbi e tormenti influenzarono profondamente – nel bene e nel male – il suo percorso di artista e di uomo”.

Si giunge, quindi, a Bizet sulle cui cause del decesso si discute da decenni: attacco di cuore, come da versione ufficiale, tumore all’orecchio, come riteneva la vedova, suicidio dovuto a grave depressione o omicidio? Sul lato sinistro del collo aveva infatti una profonda ferita che sembrava di arma da fuoco.

Dolente e lancinante la fine di George Gershwin che fin dal 1937 cominciò avvertire acuti mal di testa e una costante impressione di  percepire odore di gomma bruciata. Cominciarono, poi, una serie di comportamenti, come lo spargere compulsivamente il cibo sul tavolo, che inizialmente furono interpretati come pura bizzarria e che in seguito si rivelarono manifestazioni di un tumore cerebrale che lo portò alla morte a 38 anni.

Si termina la lettura di questo suggestivo percorso e nella mente si rinnova l’interrogativo che, da sempre, ci si pone di fronte al ricorrere di biografie di artisti che si consumano troppo in fretta: è tutto solo frutto del caso, pure coincidenze o forse si può intravedere in questa serie di morti premature una segreta provvidenza, che strappa all’oltraggio del tempo e della decadenza stelle la cui luce continua a risplendere fulgida per l’eternità rendendo a noi il vivere più gradito.

 

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