I microtoni sono suoni che si trovano tra le note tradizionali della scala occidentale. Usati da secoli in molte culture musicali, offrono infinite sfumature espressive. Oggi tornano protagonisti anche nel pop, nel jazz e nella musica sperimentale. Un viaggio tra definizioni, storia, pionieri e usi contemporanei.
Cosa sono i microtoni e perché non fanno parte della musica classica di tutti i giorni? In questa guida scopriamo cosa si nasconde tra i tasti del pianoforte, esplorando le origini, l’evoluzione e gli usi moderni delle “note tra le note”.
La musica è spesso definita come suono organizzato dall’uomo. Per costruire questa organizzazione sonora, è fondamentale stabilire criteri chiari per classificare i suoni che utilizziamo. Uno di questi criteri è l'altezza (o pitch), ovvero la percezione della frequenza del suono.
Le note vengono così distribuite in scale: sequenze di altezze scelte in base a determinati intervalli. Le scale occidentali moderne si basano su toni interi e semitoni: un tono è un intervallo pieno, un semitono è la sua metà.
Sulla tastiera di un pianoforte, ad esempio, un’ottava è suddivisa in 12 semitoni esattamente uguali tra loro: è il cosiddetto sistema temperato equabile, usato in quasi tutta la musica occidentale dal XVIII secolo in poi.
Se provi a cantare una nota e poi scivolare vocalmente verso un’altra più alta o più bassa (come in un glissando), stai passando attraverso un’infinità di altezze. Quelle sfumature, quei passaggi impercettibili che non trovi su un pianoforte tradizionale, sono chiamati microtoni.
I microtoni sono tutte le altezze intermedie tra i 12 suoni fissi della scala temperata. Non fanno parte della notazione standard, non si possono suonare con molti strumenti a tasti fissi, ma esistono, si sentono, e vengono usati—anche se raramente nella musica classica europea convenzionale.
Uno dei riferimenti più chiari proviene dal New Grove Dictionary of Music and Musicians, che definisce un microtono come “qualsiasi intervallo musicale più piccolo di un semitono”. Il dizionario cita esempi che includono divisioni dell’ottava in più di 12 parti, come accade nella musica greca antica o in tradizioni musicali non occidentali.
Anche il critico musicale Alex Ross ha contribuito con una definizione utile: “Musica microtonale è musica che utilizza intervalli più piccoli del semitono o adotta un sistema di intonazione diverso da quello temperato equabile in uso nella musica occidentale da due secoli.”
I microtoni, se eseguiti accanto alle note temperate, possono sembrare stonati o sbagliati all’orecchio abituato alla scala occidentale. È un effetto percettivo: siamo talmente abituati alle 12 note canoniche che tutto ciò che “sta nel mezzo” ci suona impreciso. In realtà, in molte culture musicali questi suoni sono perfettamente normali e altamente espressivi.
Microtono vs quarto di tono
È importante chiarire la distinzione tra microtoni e quarti di tono:
Compositori come Boulez, Carrillo e Enescu già a fine Ottocento lavoravano su divisioni dell’ottava in 24 toni. Ma la teoria musicale moderna riconosce che l’orecchio umano è capace di percepire molti più intervalli, non solo quelli divisi in quarti o terzi.
Il termine microtone è apparso agli inizi del XX secolo. La violinista e teorica Maud MacCarthy, influenzata dalla musica classica indiana (dove si usano 22 shruti per ottava), sentiva il bisogno di un termine per definire in inglese queste “note intermedie”.
Intorno al 1912, cominciò a usare il termine microtone in scritti e conferenze.
Già nel 1895, però, il compositore Julián Carrillo aveva proposto sia il termine che l’applicazione pratica: compose musica utilizzando ottave divise in 16, 32, 64 e 96 parti. È uno dei primi veri pionieri della microtonalità sistematica.
Altri compositori hanno usato terminologie alternative:
La notazione microtonale cerca di estendere le alterazioni tradizionali:
Non esiste un sistema universale: molti compositori inventano il proprio metodo in base al contesto. Alcuni utilizzano frecce o simboli grafici per indicare la direzione della deviazione microtonale. Alcuni software moderni, come Dorico o Finale, supportano notazioni microtonali complesse.
Tra i pionieri della musica microtonale troviamo:
Ma l’interesse per gli intervalli microtonali non nasce nel Novecento. Nel XVI secolo, il teorico Nicola Vicentino progettò l’archicembalo, un clavicembalo con 36 tasti per ottava, pensato per esplorare i generi greci antichi e gli intervalli intermedi. Era una risposta rinascimentale all'esigenza di andare oltre i limiti dell'accordatura piana.
Anche la musica pop, rock e jazz ha adottato i microtoni, spesso in modo creativo e spontaneo.
Ecco alcuni esempi noti:
I microtoni sono una risorsa espressiva sottovalutata nella musica occidentale, ma essenziale in molte culture musicali del mondo. Espandono l’alfabeto sonoro, offrendo colori, tensioni e sfumature impossibili da ottenere con le 12 note tradizionali.
Per chi compone, ascolta o esegue musica, avvicinarsi alla microtonalità è come scoprire un nuovo linguaggio. Può confondere all’inizio, ma arricchisce enormemente la percezione musicale.