Spunti di approfondimento sul fraseggio al pianoforte

In questa lezione ci occupiamo del fraseggio al pianoforte, uno degli aspetti cruciali dell’esecuzione e, per farlo, ci affidiamo alle risposte su aspetti specifici relativi al tale tematica offerte da Josef Hoffman, il grande pianista e didatta.

 

fraseggio al pianoforte

Per fraseggio musicale si intende il rispetto di quei segni di grammatica musicale (agogica e dinamica) in maniera da mettere in evidenza le micro e macro strutture musicali: semifrase, frase e periodo. Saper rendere il fraseggio musicale è la modalità irrinunciabile per conferire senso e anima ad un brano. Si immagini, a questo proposito, un attore di teatro che recita con perfetta dizione tutte le parole di un testo dimenticando, tuttavia, di esprimerne l’intenzione e il significato conferito dalla punteggiatura e dalle inflessioni di tono. Allo stesso modo e potremmo dire a maggior ragione in quanto priva di parola, la musica trova la sua articolazione di senso nel fraseggio.

Anche alla luce di queste semplici osservazioni si comprende che saper fraseggiare è una questione di cruciale importanza per un pianista, una questione che intendiamo affrontare avvalendoci dei suggerimenti elaborati a riguardo dal grande musicista e didatta di origini polacche Josef Hofmann, nel suo libro Piano Playing with Questions Answered.

 

Come definire il fraseggio? Quali indicazioni pratiche di esecuzione?

Come afferma Hofmann il fraseggio è innanzitutto una scansione razionale delle frasi musicale che ha la funzione di rendere comprensibile il discordo musicale. Volendo fare un parallelo con la lingua si potrebbe dire che il fraseggio corrisponde alla punteggiatura.

Un buon fraseggio musicale rende più chiara la composizione, fa sì che il brano sia intellegibile, limpido e naturale. In questo senso, è del tutto evidente che, affinché il brano possa risultare intellegibile e chiaro all’ascoltatore, deve esserlo in primo luogo all’esecutore. Perché ciò avvenga, come suggerisce opportunamente Hoffmann, è necessario studiare e avviare la comprensione della singola frase individuandone la parte e distinguendo l’inizio, il punto culminante e la parte finale.

Il culmine di una frase, generalmente si trova in corrispondenza della nota più alta, o in ogni caso approssimativamente al centro della frase: sarà l’orecchio dell’esecutore allenato dalla pratica a segnalare con sicurezza il punto culminante. La parte iniziale e finale si possono individuare in virtù di una legatura che delimita l’intera frase.

Nel caso della frase musicale possiamo parlare di un vero e proprio sviluppo con un punto di partenza un apice di evoluzione e un punto conclusivo, in altre parole nasce, cresce e si sviluppa, decresce e muore. Questa modalità strutturale si può riscontrare in tutte le frasi musicali e dovrebbe essere chiara, in primo luogo, all’interprete e, poi, di conseguenza all’ascoltatore.

La capacità del pianista consiste proprio nel rendere viva e significante la frase assecondandone l’andamento. Avvicinandosi al punto culminate, infatti, la tensione si intensifica e si sviluppa fino a raggiungere l’apice e prorompere per poi decrescere e scemare progressivamente. Esibita in termini teorici questa esigenza appare semplice e immediata, ma nella pratica si dimostra molto più complessa nella sua realizzazione. Rappresentare musicalmente il punto culminante della frase non significa soltanto, come molti credono spesso sbagliando, accentuare dal punto di vista dinamico l’esecuzione.

Rendere la direzione verso il climax richiede una reale comprensione del senso musicale del brano da parte dell’esecutore. Il pianista deve riuscire ad avvertire che la tensione musicale si sviluppa letteralmente dentro di sé. La resa pianista deve essere credibile, naturale ed esprimere l’umore e il carattere della composizione. In questo ci si deve avvalere del proprio orecchio e sensibilità musicale e artistica.

 

fraseggio al pianoforte

Se si esegue un rubato come mantenere integro il fraseggio?

Volendo riassumere il ragionamento di Hoffman possiamo dire che è necessario restituire quello che è stato rubato. E in questo si concentra la reale interpretazione e il senso di questa variazione di transitoria di tempo.

Scendendo nel concreto, sappiamo che il pianista, quando deve eseguire un rubato, concentra la durata dei singoli suoni, ottenendo un effetto analogo, anche se più naturale e legato alla dinamica emotiva del momento, a quello prodotto da un accelerando graduale. L’esecuzione di un rubato non può mai rispettare limiti prefissati e stringenti, come dice Hofmann deve ondeggiare all’interno di determinati limiti. Tuttavia, dopo aver eseguito il rubato giunge il tempo di dovere rendere nuovamente quello che è stato sottratto in precedenza. Quindi se in precedenza si è concentrato il tempo di esecuzione, ora si tratta di dilatarlo nella maniera più immediata e naturale possibile.

Il suggerimento di Hofmann è di conservare la massima libertà e naturalezza nell’esecuzione del rubato che non va mai incasellata entro termini matematici, ma sempre affidata all’emozione del momento e dell’esecuzione. In questo modo si può rendere al meglio il senso per il quale è stato inserito in quello specifico punto della partitura. Il rubato è una sorta di licenza poetica concessa all’esecutore che, uscendo dai limiti imposti dalla scansione esatta del tempo, si serve del rubato per esprimere al massimo grado una tensione un’emozione una proiezione dei propri sentimenti.

 

Bisogna sollevare la mano per eseguire una pausa o alla chiusura di una frase?

La risposta al primo questo quesito è molto netta e inequivocabile: mai. Per Hofmann per eseguire una pausa, non bisogna mai utilizzare l’articolazione del poso e sollevare la mano. Questo movimento lo si deve compiere opportunamente solo nel caso si suonino ottave o doppie note là dove è riportato uno staccato.

Il modo corretto per chiudere una frase consiste nel sollevare il braccio mantenendo il polso estremamente rilassato di modo che la mano risulti in modo naturale appesa al polso. Questo movimento va eseguito ogniqualvolta si arriva alla conclusione di una frase. Non è la mano a sollevarsi in maniera autonoma rispetto all’articolazione del polso, ma è il braccio trarla verso l’alto.

Il vantaggio di questo tipo di movimento è duplice, da un lato, rende la conclusione della frase più naturale e fluida, dall’altro, permette di rilassare la mano e il braccio. La resa finale di questo movimento è una sorta di danza dell’avambraccio e della mano che asseconda il fraseggio e rende più credibile e autentica l’esecuzione del brano.

 

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