Visualizzazione ed emissione del suono al pianoforte

La realizzazione del passaggio dall’idea sonora al tasto viene affrontata in questa lezione proponendo l’espediente di una proiezione mentale del suono di tipo vettoriale, che guidi in maniera puntuale il movimento producendo il gesto capace di corrispondere esattamente alle esigenze di esecuzione.

 

Un aspetto che precede la valutazione e il conseguente utilizzo appropriato di tutti gli strumenti tecnici di gestione della produzione del suono è avere una chiara prefigurazione mentale, un’idea precisa, del timbro che si vuole produrre. Particolarmente utile diventa, in questo senso, immaginare ogni singolo suono o gruppo melodico come uno o una serie di elementi vettoriali e in quanto tali, di ciascuno bisogna avere una precisa idea della velocità, della direzione o orientamento e del senso.

Ogni suono va concepito quindi in modo articolato e deve ricomprendere nella sua idea, oltre ad una precisa gradazione dinamica (f, o mf, ppp, o mp ecc.), un altrettanto pertinente orientamento e direzione che collochi quel suono all’interno del contesto complessivo in una relazione con quanto segue e con quanto lo ha preceduto. Il significato musicale di quello che si esegue non può che derivare dal rapporto conseguente tra i suoni. Ogni suono prodotto dalla sollecitazione della tastiera del pianoforte deve essere latore di un messaggio, parte di un discorso il cui significato giunge al termine di uno svolgimento ordinato e con una direzione. Per poter avere una direzione, tale svolgimento deve essere dotato di un movimento caratterizzato da una certa velocità, deve seguire una specifica linea o curva e deve approdare ad un termine finale, ad una meta prefissata.

Il discorso fin qui svolto, rende immediatamente evidente l’utilità di operare una proiezione mentale relativa ai suoni che li doti una direzione figurata, immaginando, ad esempio, alcuni suoni che cadono verso il basso, altri che si arrestano a mezz’aria, altri ancora che vanno verso l’alto. Queste suggestioni prodotte dalla mente dell’esecutore sono molto efficaci per imprimere caratteristiche timbriche differenti e puntuali per ciascuno suono in base alle necessità esecutive.

 

Questa proiezioni ideali esprimono delle chiare caratteristiche per ogni singolo suono che si sta per eseguire e forniscono, di conseguenza, una guida attendibile per trovare il gesto che riesca a produrre quel dato suono. La direzione immaginata, infatti, genera un gesto coerente e consequenziale. Immaginando un suolo che ascende in direzione verticale, come una sorta di evaporazione che fuoriesce dalla tastiera per muovere verso l’alto, risulterà spontaneo e immediato compiere un gesto elastico del polso e dell’avambraccio, attaccando dolcemente il tasto, già a contatto con il polpastrello e non con la punta del dito, e rilasciandolo progressivamente.

Al contrario, visualizzando un suono che affonda verso il basso, che cada giù, è istintivo un gesto che assecondi questa direzione e quindi si diriga verticalmente verso il basso con un conseguente scaricamento del peso dell’intero arto e con un movimento del dito che si dirige in direzione della parte interna del tasto.

La visualizzazione proposta ha permesso di esemplificare in maniera efficace e immediata le due tipologie di tocco tipicamente alla base della tecnica pianistica: “il tocco in giù” e “il tocco in su”.

È interessante osservare, a questo proposito, come il dito non possa essere considerato come un agente isolato che opera per sé, ma sempre e solo come elemento terminale di una catena di movimenti e leve, che prendono l’avvio dal busto dell’esecutore e sfruttano tutti gli snodi che è possibile utilizzare, a partire dalla spalla per arrivare alle falangi, passando attraverso il gomito e il polso. Ogni singola leva che prende parte al movimento, sia essa le falangi, il polso, l’avambraccio, o la spalla, sono attive e compartecipi, nel seno che contribuiscono fattivamente alla produzione del movimento, mettendo in tensione i propri muscoli di competenza per evitare che alcuna leva sia arrendevole.

Nel caso delle falangi, questo non significa che esse debbano essere sempre tutte in movimento durante la produzione del suono, ma che devono mantenere la giusta tensione, tale da consentire di trasferire l’energia cinetica trasmessa dal braccio fino al martelletto che percuote la corda.

 

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