Joe’s Garage di Frank Zappa

Joe’s Garage di Frank Zappa

Joe's Garage rappresenta una delle opere più politiche e creativamente fertili dell’opera di Frank Zappa, una delle migliori porte di accesso per entrare nel suo mondo musicale e creativo. Ideato come un concept album dai toni satirici e grotteschi, Zappa elabora per questo lavoro un lessico musicale che diventa una sorta di esperanto in cui trovano nuova capacità di espressione vari forme musicali dal rock al jazz passando per il blues, il funk, l’avanguardia, la psichedelia e tanto altro.

Dal punto di vista narrativo, l’opera , che si sviluppa in tre atti divisi in due dischi, mette letteralmente in scena un futuro distopico in cui si muove tra vicissitudini e peripezie varie Joe giovane musicista. Con il suo tipico gusto dissacrante, Zappa tratteggia una vicenda in cui risuonano echi del Woyzeck di Georg Büchner  e che appare come una feroce satira della repressione e del conformismo della società americana.

L’ascoltatore è introdotto e accompagnato nel corso degli eventi dalla voce di disincarnata e fredda onnipresenza del Central Scrutinizer, personaggio che ha il compito di “imporre leggi che ancora non sono state approvate” e dimostrare, proprio attraverso la paradigmatica esperienza di Joe , il carattere eversivo e di perdizione di ogni manifestazione di autonomia e libertà espressiva a cominciare dalla musica. Joe viene presentato dalla voce come un giovane spensierato che a un ceto punto scopre la musica rock. Per seguire la sua passione Joe costituisce con un gruppo di amici una band iniziando a suonare nel suo garage.

A causa dell'intolleranza della vicina Msr Cyborg al rumore eccessivo, finisce per essere arrestato e costretto ad entrare in un gruppo religioso cattolico per essere rieducato. Da qui, si dipartono una serie di vicende condite di humor e irriverente spirito parodistico tratteggiate da una serie di brani che mettono in evidenza le doti compositive di Zappa. Per citare solo alcune.:“Catholic Girls” che descrive in maniera provocatoria e irresistibilmente divertente la prima ragazza del protagonista Mary, lo splendido brano strumentale “On the Bus” che evidenzia la perizia chitarristica di Zappa o ancora, la toccante ballata “Lucille Has Messed My Mind” dedicata alla seconda fidanzata di Joe che lo lascia dopo averlo contagiato con una malattia misteriosa.

La vicenda del protagonista si carica progressivamente di toni cupamente bizzarri e immaginifici estremizzando il gioco irrisorio contro ogni perbenismo. Tra le vittime della satira di  Zappa anche la chiesa di Scientology, chiamata nella canzone “A Token of My Extreme” Appliantology , una setta che invita Joe a sfogare i suoi istinti sessuali accoppiandosi con delle macchine, una sorta di prefigurazione del sesso virtuale.

Verso la fine del disco la musica è ormai diventata illegale e al protagonista non resta altro che il proprio delirio. In questa ultima parte, è incluso quello che rimane uno dei brani più belli del compositore statunitense, una autentica perla dalle sonorità struggenti: “Watermelon in Easter Hay”.

Anche questo brano è introdotto dalla voce distorta dal megafono del Central Scrutinizer, che descrive la pazzia di Joe ormai preda di note di chitarra e voci immaginarie che esistono solo nella sua fantasia. A Joe non resta che “tornare nella sua brutta stanzetta e sognare quietamente il suo ultimo assolo di chitarra immaginario”.

Alle ultime parole della voce narrante si sovrappone il riff della band, che come un tappeto sonoro accompagna i nove minuti della canzone. Un arpeggio lento dall’andamento ipnotico su cui si inserisce uno degli assoli di chitarra più belli della storia del rock. Qui, infatti, tutti gli altri strumenti hanno un ruolo più contenuto rispetto ad altre composizioni del musicista di Baltimora, mentre il suono davvero unico e sognante della chitarra sviluppa una melodia dal forte impatto emotivo, che sa di nostalgia e accorata e trasognata esigenza di bellezza. Viene meno ogni forma classica della canzone e la musica si fa sviluppo di cicli melodici cui si aggiungono piccole variazioni da un ciclo all’altro in un tessuto musicale di indimenticabile purezza.

L’appassionante e vibrante “imaginary guitar solo” di Joe appare come un antifrastica affermazione della bellezza e della potenza della musica che, non a caso, precede il liberatorio e scanzonato finale di “A Little Green Rosetta”, in cui il moralizzatore, finalmente trionfante, ci invita a non ascoltare più musica.

Ultimo graffiante sberleffo di un lavoro musicale che, accompagnando tra i toni scherzosi della canzonetta la lugubre e inquietante normalizzazione del protagonista che abbandonata la chitarra inizia a lavorare nella Utility Muffin Research Kitchen, sembra voler dissolvere in un sorriso ogni pretesa e violenza autoritaria.

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