Cantare in tedesco aumenta il rischio di trasmissione del Covid

Uno studio giapponese ha voluto misurare le diversa capacità di diffusione delle particelle di saliva in relazione all’esecuzione di brani vocali in tre lingue, ovvero giapponese, italiano e tedesco.

 

canto e rischio covid

L'anno scorso era stato pubblicato uno studio che metteva in correlazione le diverse lingue con un diverso rischio di trasmissione del virus Sars-Covid-2, la lingua che si parla, in altri termini, potrebbe avere una incidenza diversa nella trasmissione virale, soprattutto a causa della presenza o meno di consonanti aspirate. In inglese, ad esempio, la lettera "P" crea un più marcata emissione di fiato e quindi anche di goccioline respiratorie.

Ora, un nuovo studio giapponese ha voluto valutare i rischi di maggiore o minore emissioni di aerosol legate al canto in diverse lingue.

In questa ricerca, commissionata dalla Japan Association of Classical Music Presenters (JACMP), otto cantanti professionisti - quattro tenori e quattro soprani - hanno eseguito brevi assoli in lingua giapponese, tedesco e italiano all’interno di un laboratorio attrezzato per la rilevazione delle emissioni di droplet e aerosol. I brani scelti per l’esecuzione sono stati una canzone popolare giapponese, L’Inno alla gioia dalla Nona Sinfonia di Beethoven e una selezione di arie dalla Traviata di Verdi.

Come ci si potrebbe aspettare dalla selezione dei brani, anche in virtù del suo testo appassionato (è sufficiente solo immaginare l’esecuzione d’impeto degli immortali versi “Freude, schöner Götterfunken”, carichi di pesanti consonanti, cantati a pieni polmoni da un grande coro sul palco del Gewandhaus per non avere dubbi sui risultati dello studio) l’Inno alla gioia di Beethoven ha prodotto più del doppio di particelle respiratorie al minuto (1.302) rispetto alla canzone tradizionale giapponese(580).

Il Verdi di Traviata si è piazzato al secondo posto con 1.166 particelle al minuto.

Intervistato dalla CBS News, il segretario generale della Japan Choral Association, Masakazu Umeda ha affermato: "Nella musica classica è fondamentalmente il canone occidentale. Se smettessimo di cantare in francese, italiano e tedesco, non saremmo più in grado di esibirci". Tuttavia, ha aggiunto: "Quando cantiamo in tedesco, consigliamo ai nostri membri di stare alla massima distanza gli uni dagli altri".

 

canto e rischio covid

Il direttore di JACMP Toru Niwa ha voluto precisare, se mai ce ne fosse stato bisogno, che questi risultati non scoraggeranno i cantanti dall'esibirsi nel repertorio europeo in questa fase, aggiungendo che i cori professionisti giapponesi non hanno registrato alcun caso di trasmissione virale, indipendentemente dalla lingua cantata.

Dall'inizio della pandemia più volte il canto e i cori sono stati oggetto di studio ed esperimenti su possibili rischi di trasmissione del virus, alcuni questi studi hanno avuto una grande eco negli Stati Uniti e in Europa.

In Giappone, aggiunge Niwa, molti cori provano e si esibiscono nuovamente a seguito di studi che dimostrano che con le giuste precauzioni, tra cui ventilazione, uso delle mascherine e distanziamento interpersonale, il rischio di trasmissione si abbassa notevolmente.

Un altro studio della Japan Choral Association, è pervenuto a conclusioni simili circa la maggiore capacità diffusiva della lingua tedesca, misurando in questo caso la distanza massima raggiunta dalle emissioni nelle diverse lingue. In questa ricerca 20 cantanti adulti e bambini hanno eseguito diversi brani in lingua giapponese e sempre il coro della Nona di Beethoven.

L’esecuzione in lingua giapponese ha sparso particelle per un massimo di 24 pollici (61 cm), il canto in tedesco è arrivato a proiettarle fino a una distanza di 44 pollici (111 cm) dalla bocca del cantante.

Umeda e Niwa hanno spiegato che la lingua giapponese, con le sue consonanti più dolci e morbide, risulta più delicata in fatto di emissioni vocali che spingono meno lontano le particelle di saliva.

 

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