Il potere della musica ridesta l’anima

Un video, diventato virale in questi giorni, mostra l’ex ballerina malata di Alzheimer, Marta C. González, che, ascoltando le note del Lago dei cigni, riproduce con grazie ed esattezza alcune movenze del celebre balletto. Il video ha commosso tutti e testimonia in maniera vivida la straordinaria capacità della musica di riconnetterci con il nostro io e ricordi più profondi.

 

musica e alzheimer

 

Circola in questi giorni sui social, dove è stato condiviso migliaia di volte superando in poco tempo il milione di visualizzazioni, un video che celebra il potere incommensurabile della musica, capace di risvegliare i ricordi più profondi e richiamare al presente un’anima gentile risucchiata in quello che appare come un pozzo buio della coscienza, il morbo di Alzheimer.

 

Il video

Il video celebra l’ex ballerina di danza classica Marta C. González Saldaña a un anno dalla scomparsa. Nelle immagini, diffuse dall’organizzazione Musica para Despertar, ente benefico che utilizza proprio la musica per stimolare i ricordi dei malati di Alzheimer, l’anziana, anche lei affetta dal morbo, danza guidata dalla musica del Lago dei Cigni di Čajkovskij. Nonostante la malattia, l’ex prima ballerina del New York Cty ballet riproduce con grazia e precisione alcune movenze della coreografia, portata sul palcoscenico all’apice della carriera, nel 1967.

Le linee e le mosse sono inconfondibili e il risultato è di una rara intensità emotiva. Sul volto dell’anziana si può leggere, oltre alla comprensibile emozione, anche quello che appare come un temporaneo sollievo dalle sofferenze dell’età e della malattia. La performance si conclude con il meritatissimo applauso da parte dei presenti, gli operatori della casa di cura di Valencia dove l’ex ballerina viveva. "Questo mi emoziona", dice González al termine del video. “È normale – le risponde un volontario di Musica Para Despertar, –, ma sei stata tu a emozionare noi ballando così bene”. Lei però non sembra del tutto convinta: “Bisognerebbe alzare le punte”, non manca di sottolineare l’étoile.

Il video appare come la plastica rappresentazione di quella che è ormai appare come un’evidenza scientifica: il fatto che l’Alzheimer tende ad aggredire meno, rispetto ad altre aree del cervello, quella in cui viene memorizzata la musica. Non a caso la musicoterapia viene sempre più utilizzata per rallentare il decadimento cognitivo causato dalla malattia.

 

Musica e Alzhaimer: uno studio sperimentale

Il Salience Network (SN) è una rete cerebrale che ha lo scopo di rilevare e successivamente elaborare stimoli significativi per l’individuo. Sorprendentemente, questa regione collegata con le strutture limbiche, viene risparmiata dagli effetti della malattia di Alzheimer. I ricercatori della University of Utah Health hanno fatto riferimento proprio a questa regione del cervello per sviluppare trattamenti basati sulla musica per alleviare l'ansia nei pazienti con demenza.

Un precedente lavoro aveva dimostrato l’effetto di un programma musicale personalizzato sull’umore nei pazienti affetti da demenza, alla luce di ciò e, esplicitando lo scopo della ricerca, il professor Jeff Anderson ha dichiarato: “Le persone affette da demenza si trovano di fronte a un mondo sconosciuto che causa disorientamento e ansia. Noi riteniamo che la musica abbia accesso al Salience Netowrk del cervello, che non viene intaccato in questi pazienti. Non ci spingiamo ad affermare che la musica possa essere una cura per la malattia di Alzheimer ma di certo potrebbe rendere i sintomi più gestibili e migliorare la qualità della vita dei pazienti”.

Per tre settimane, i ricercatori hanno aiutato i partecipanti a selezionare canzoni significative e addestrato i pazienti e il personale addetto alla loro cura su come utilizzare un lettore multimediale portatile caricato con la raccolta di musica auto-selezionata.

"Quando si mettono le cuffie sui pazienti con demenza e si fa ascoltare loro una musica familiare, si animano", ha osservato Jace King, uno dei collaboratori dello studio. "La musica è come un'ancora, che riporta il paziente nella realtà."

Utilizzando una risonanza magnetica funzionale, i ricercatori hanno scansionato i pazienti per visualizzare le regioni del cervello attivate dall’ascolto delle tracce musicali di 20 secondi rispetto al silenzio. I ricercatori hanno riprodotto otto tracce di musica dalla raccolta musicale del paziente, otto della stessa musica riprodotte al contrario e otto blocchi di silenzio. I ricercatori hanno poi confrontato le immagini di ciascuna scansione, scoprendo che la musica attiva il cervello, facendo comunicare intere regioni. Ascoltando la colonna sonora personale, la rete visiva, la rete di salienza, la rete esecutiva e le coppie di reti cerebellari e corticocerebellari hanno mostrato una connettività funzionale significativamente più alta.

"Questa è una prova oggettiva che mostra che la musica con una risonanza a livello personale è un percorso alternativo per comunicare con i pazienti che hanno il morbo di Alzheimer", ha detto Norman Foster, direttore del Center for Alzheimer's Care presso la U of U Health e autore senior dello studio. "I percorsi del linguaggio e della memoria visiva sono danneggiati precocemente con il progredire della malattia, ma programmi musicali personalizzati possono attivare il cervello, soprattutto per i pazienti che stanno perdendo il contatto con il loro ambiente".

 

Musica para Despertar

Il riconoscimento di questa straordinaria forza della musica è al centro anche dei progetti promossi dall’ente benefico che, come detto all’inizio, ha diffuso il video, Musica para Despetar (musica per svegliarsi in sagnolo), fondato da Pepe Olmedo, psicologo specializzato in Psicologia Clinica e della Salute. Il progetto ha preso avvio come attività di volontariato presso il centro per anziani Cáxar de la Vega dove Olmedo ha svolto la sua attività con la collaborazione degli operatori, di residenti e parenti.

Da allora, Musica para Despertar ha cercato di condividere e diffondere la propria filosofia e il proprio approccio alle malattie degenerative con quante più persone, centri e istituzioni possibili, anche attraverso un’opera di sensibilizzazione che sfrutta, come abbiamo visto, i social con la produzione di alcuni video, raggiungendo milioni di persone in diversi paesi.

"I pazienti non ricordano la loro data di nascita, ma ti cantano una canzone", ha dichiarato Olmedo, che ha potuto osservare come la musica è in grado di migliorare notevolmente la vita dei pazienti con Alzheimer e altre demenze, riducendo anche il loro trattamento farmacologico.

Nel corso della sua attività Olmedo ha documentato i risultati positivi ottenuti dall’ascolto musicale manifestatisi in una riduzione dell’agitazione e dell'ansia dei pazienti e nel miglioramento della loro qualità di vita, del loro umore, dei loro ricordi, del loro stato fisico e fisiologico, della loro capacità di socializzazione.

Le note musicali fanno "risvegliare" le persone affette dalla grave patologia, regalandogli momenti di vita preziosi; sembra, infatti, che per alcuni istanti ritorni il movimento coordinato, le emozioni intense,  i ricordi di una vita e, soprattutto, ritorna la sensazione di autonomia, i soggetti tornano a sentirsi importanti, protagonisti e unici, e si godono quel momento, il loro momento, e anche se la loro vita è indelebilmente segnata da una infermità acuta, il loro percorso sarà, in questo modo, più umano e amorevole possibile, fino all'ultimo dei loro respiri.

Le emozioni che la musica risveglia sono la chiave per stabilire un prezioso canale di comunicazione con persone che sembrano irrimediabilmente relegate in un limbo della coscienza, e poiché quelle emozioni durano fino alla fine, le note diventano un insostituibile strumento per accompagnarle fino all’ultimo, continuando a connettersi con loro e con i loro bisogni.

 

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