La luna in musica

La luna ha ispirato nel corso dei secolo non solo filosofi, letterati e pittori, ma inevitabilmente anche i grandi musicisti che guardando al nostro satellite hanno voluto omaggiarlo con il linguaggio più etereo e lunare di tutti: quello delle note.

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La luna, si sa, da sempre è stata fonte di ispirazione primaria per filosofi, letterati e poeti. Inesauribile musa ha attraversato i secoli sollecitando continuamente immaginazione e pensiero, da meta del viaggio immaginario di Luciano di Samosata ad oggetto dell'indagine metafisica nel secondo canto del Paradiso di Dante, da metafora degli stati malinconici e notturni di Petrarca a silente complice dei profondi interrogativi di Leopardi, per arrivare ai giorni nostri in cui si potrebbe citare da Ungaretti a Calvino, per cui la luna non è solo un oggetto cosmico, è qualcosa di più di un astro errante. Essa racconta all’uomo dell’universo, di se stessa, di lui stesso.

Per Italo Calvino la luna diventa un vero e proprio astro narrante. Lo stesso si potrebbe dire per un autore che ci piace citare proprio oggi, nel giorno in cui ricorre il centenario dalla sua nascita: Gianni Rodari. Ne Le memorie della luna, lo scrittore di Omegna ci racconta: “La luna scrive le sue memorie. Non ha penna né matita, perciò è costretta a scrivere con una stella cometa, intingendo la coda nel buio della notte. Non ha nemmeno carta, scrive sulle nuvole, che poi volano via”.

I motivi di una tale fascinazione esercitata dalla luna sono molteplici, a cominciare dalla sua vicinanza per arrivare al fatto che i suoi influssi sono direttamente visibili sulla terra, come nel caso delle maree o dei suoi cicli che determinano la scansione dei giorni in mesi, insegnando in questo modo agli uomini, come vuole Murakami, il concetto stesso del tempo Si crede persino che governi in qualche modo i nostri stati d'animo (anche quando non ne siamo sempre consapevoli).

Non fa meraviglia che anche i grandi compositori della storia della musica abbiano utilizzato la loro penna cantando del nostro satellite: l'esplorazione di un'influenza così potente sull'esistenza è inevitabile nell'espressione umana e dunque anche in musica.

Da Beethoven a Einaudi, forniamo di seguito una piccola rassegna di brani classici dedicati alla luna, l’usignolo muto, come la definì Max Ernst.

 

Beethoven: Sonata Al chiaro di luna

Uno dei più celebri brani per pianoforte che portano nel titolo un riferimento al nostro satellite è la Sonata n. 14 in Do minore Op 27 “Al chiaro di luna” di Beethoven.

La composizione è stata scritta tra il 1800 e il 1801 per Giulietta Guicciardi e recava inizialmente un titolo differente, “Lauben Sonata”, ovvero “Sonata del Pergolato”, perché la si voleva composta in tale ambientazione da un Beethoven profondamente innamorato. Maggior fortuna ebbe però il titolo assegnato al brano dal poeta e critico romantico Ludwig Rellstab che paragonò le sensazioni suscitategli dall’Andante ad un chiaro di luna che si rispecchia in un lago alpino.

 

Debussy: Clair de Lune

"Clair de lune" di Debussy, dalla Suite bergamasque per pianoforte , è basata su una poesia ambientata al chiaro di luna dell'amico del compositore, il poeta Paul Verlaine.

“Il vostro spirito è un paesaggio incantevole,/ammirato da maschere che suonano il liuto/e danzano bergamasche, quasi/tristi nei loro travestimenti fantastici”, recita l’incipit della poesia.

Si tratta di un invito perfetto a scrivere musica con espliciti riferimenti musicali come le parole contenute nei versi “suonare il liuto”, ballare" e cantare "nel modo minore" e canzone che "si fonde con il chiaro di luna".

Da questa ispirazione nasce una delle più celebri suite per pianoforte di tutti i tempi, utilizzata in svariati film e opere teatrali (recentemente è stata pure protagonista di un filmato di danza acrobatica), il Clair de Lune di Debussy fa anche da colonna sonora a un video prodotto dallo Scientific Visualization Studio della Nasa, con le immagini raccolte dal Lunar Reconnaissance Orbiter, sonda lanciata nel 2009 e da allora in orbita attorno alla Luna.

 

Fauré: Claire de lune

Alla stessa poesia di Verlaine si ispira anche questo pezzo di Fauré che fa parte delle sue Mélodies e scritto nel 1887 per voce e piano e successivamente anche in una versione per voce e orchestra. Come nel caso di Debussy, il brano evoca una serie di immagini suggestive, un paesaggio-simbolo dell'anima umana popolato da maschere, danze, fontane che singhiozzano alla luce della luna.

Non è solo il senso delle parole di Paul Verlaine, ad essere particolarmente poetico, ma il senso della musica stessa, il suo tema che varia in maniera netta pur mantenendo la stessa atmosfera, melanconica. Un "claire de lune" sostenuto da una melodia molto moderna, senza fronzoli.

 

Dvořák: Canto alla luna

Il “Canto alla luna” è l’aria più amata dell’opera Russalka di Dvořák. Scritta nel 1901 su libretto di Jaroslav Kvapil  è la storia di una ondina che si innamora di un mortale. La celebre aria è contenuta nel primo atto, quando la ninfa, dopo aver confessato al padre, lo Spirito delle acque, il suo intento di prendere sembianze umane per tentare di sposare il principe del quale si è follemente innamorata, rimane sola e prima di rivolgersi alla strega, si augura che la luna preservi il sonno dell'amato.

 

Bellini: Casta diva

Rimanendo in ambito operistico, non si può non citare “Casta diva” la pagina più celebre composta da Bellini e una delle più amate di tutto il melodramma. Il compositore francese Fromental Halévy dichiarò che avrebbe barattato tutta la sua musica per quest'aria.

Qui siamo all’inizio dell’opera: di fronte agli altri druidi Norma parla con la luna, la dea della notte rivolgendogli questa accorata preghiera. La luna è una vergine, come la greca Artemide, la romana Diana, la cristiana Maria.

Norma non chiede alla luna se è il momento di cominciare la guerra contro i romani, come sperano i druidi, ma chiede e invoca la pace.  Indimenticabile l’interpretazione che di questa cavatina diede Maria Callas, che affrontò il ruolo di Norma per ben 90 volte.

 

Schumann: Notte di luna

Liederkreis op.39 di Robert Schumann è un ciclo di dodici lieder tutti su testi di Joseph von Eichendorff, scritto a Lipsia nel 1840. In Mondnact, Notte di Luna, la notte si fa espressione dei sentimenti dell’Io del poeta, la poesia si compone di tre strofe per tre diversi piani di percezione fino al momento in cui l’anima dispiega le sue ali e abbraccia il paesaggio.

Si risolve in questo modo il dualismo cielo/terra in un’unica armonia, un tutto che lo spirito del poeta riconosce come luogo familiare. La forma musicale del lied scelta da Schumann accompagna alla perfezione la sensibilità, l’intimismo e la tensione ideale espressa dalle parole di Eichendorff.

 

Schoenberg: Pierrot Lunaire

Pierrot Lunaire, composto da Schoenberg nel 1912, è forse la sua opera più nota per le molte novità musicali introdotte. Basata su una raccolta di 21 poesie del poeta simbolista Albert Giraud, fu eseguito per la prima volta a Berlino il 16 ottobre 1912, ed è considerato una sorta di manifesto dell’espressionismo in musica. Da cui l’atmosfera tesa, in sospensione fra macabro e grottesco.

Nell’esprimere se stesso e il suo ambiguo carattere, Pierrot deforma l’immagine romantica in smorfie allucinate: canta alla luna che lo ispira, vive profonde angosce, si immagina assassino, e dopo tormenti e attimi di cinismo, torna alla sua patria, Bergamo, invocando nell’ultimo brano "l’antico profumo dei tempi delle fiabe".

 

Einaudi: Luna piena

Contenuto nel progetto Seven Days Walking – Sette Giorni di Cammino, un vero e proprio viaggio uditivo dalla durata di sette giorni, “Luna piena” è una splendida opera minimalista con un morbido pianoforte e un ipnotizzante bordone di viola e violino.

 

 

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