Lo spartito rubato e il genio di Mozart

Da una parte uno spartito avvolto da un alone di sacralità e custodito come uno dei segreti musicali più preziosi del Vaticano, dall’altro la mente fuori dal comune di un quattordicenne capace di un’impresa che destò ammirazione già all’epoca e che non smette di porre interrogativi sulla natura del genio.

 

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Lo spartito del Miserere di Allegri

 

Si deve al sacerdote e cantore Gregorio Allegri (1582 ca.-1652), al servizio per la Cappella Sistina, la composizione di uno spartito, quello del Miserere dal salmo 51, tra i più celebri e immortali della storia della musica al centro di una singolare e avvincente vicenda che ha per protagonista il genio di Mozart. Considerato uno dei migliori esempi di polifonia rinascimentale, il Miserere di Allegri, è l’ultimo dei dodici composti e cantati a partire dal 1514, ed è anche il più famoso. Di questo brano non si comprende l'effetto alla sola lettura per via della grande semplicità delle note, ma esisteva nella Cappella Sistina un'antica tradizione esecutiva che ne faceva risaltare i meriti, dandogli una sfumatura espressiva unica.

Lo spartito della composizione rappresentò per molto tempo uno dei segreti più gelosamente custoditi e impenetrabili all’interno del Vaticano. Si diceva che la parte corale, per la sua bellezza e perfezione, fosse discesa direttamente dal cielo e il Papa considerò così sacro questo spartito che ne proibì la trascrizione e la riproduzione anche di singole parti e vietò che venisse eseguito altrove pena la scomunica.  Sorsero anche alcune teorie secondo le quali lo spartito era stato secretato perché contenente, in accordo alle ricerche di Urbano VIII e di Tommaso Campanella, la cosiddetta Nota Dei, la "Nota di Dio", ovvero la chiave che, secondo i dettami umanistico-rinascimentali, permetteva di penetrare i più profondi segreti della Natura. In oltre 140 anni solo tre copie autorizzate dello spartito uscirono dalla Cappella, per essere date in dono, rispettivamente, all’allora imperatore del Sacro Romano Impero, Leopoldo I, al Re del Portogallo e al compositore e musicologo Giovanni Battista Martini. L'unico modo per udirla e venirne a contatto era presenziare alla Liturgia delle Tenebre nella Cappella Sistina il mercoledì e il venerdì santo dove il brano veniva eseguito a luci spente.

 

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Un episodio di pirateria musicale ante litteram

 

Tutto questo fino al 1770 quando la storia di questo singolare spartito dall’aura sacrale e inviolabile si intreccia a quella di un giovane e geniale musicista. Il mercoledì santo di quell’anno cadeva l’11 aprile, un giorno piovoso e grigio, in cui ad assistere all'ufficio delle Tenebre nella Cappella Sistina, riuscendo ad ascoltare la celebrata composizione di Allegri, c’è Wolfgang Amadeus Mozart e suo padre Leopold. Quest’ultimo in una lettera ad Anna Maria Pertl del 14 aprile 1770 scrisse:

«A Roma si sente spesso parlare del famoso Miserere, tenuto in tanta considerazione che ai musicisti della cappella è stato proibito, sotto minaccia di scomunica, di portarne fuori anche una sola parte, copiarlo o darlo a chicchessia. Noi però l'abbiamo già, Wolfgang l'ha trascritto a memoria, e, se non fosse necessaria la nostra presenza al momento dell'esecuzione, noi l'avremmo già inviato a Salisburgo. Infatti la maniera di eseguirla conta più della composizione stessa, e quindi provvederemo noi stessi a portarla a casa».

Quello che racconta il padre di Mozart, lascia semplicemente stupefatti, il giovane compositore di appena 14 anni, dopo aver sentito l'opera dell'Allegri per la prima volta, fu in grado di ricopiarla sui fogli di musica come se qualcuno gliela avesse dettata. Una prova di prodigiose facoltà mentali che richiama quanto riportano le biografie di un Pico della Mirandola capace di mandare a memoria la Divina Commedia al contrario o a alcuni aneddoti della vita di Napoleone come quello secondo il quale dettava cinque lettere simultaneamente senza perdere il filo con nessun segretario.

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Il cervello di Mozart

 

Ci si può chiedere in che modo un quattordicenne possa essere in grado di memorizzare un pezzo di quindici minuti composto da 9 voci distinte in due cori al primo ascolto; poiché, come riportano le fonti, i due ritornarono dopo due giorni nella Cappella Sistina col manoscritto nascosto nel cappello solo per correggere pochi e irrilevanti errori. Una domanda cui ha cercato di dare una risposta Bernard Lechevalier, neurologo e musicista, in un intrigante volume pubblicato da Bollati Boringhieri intitolato Il cervello di Mozart. A proposito del furto mnemonico dello spartito di Allegri, scrive Lechevalier: “È difficilmente spiegabile nei termini della neuropsicologia classica. In quell'episodio si sono succedute tre operazioni mentali: una codificazione "fuori norma" di informazioni musicali, che oltrepassa di molto la semplice percezione; l'immagazzinamento di tali informazioni sotto forma di rappresentazione per alcune ore; infine, la loro restituzione, si potrebbe dire, ad integrum, fase preliminare per l'esecuzione”. Si tratta di tre operazioni, che ad un livello di complessità infinitamente più basso, compiamo regolarmente ogniqualvolta cerchiamo di imparare e trascrivere una qualsiasi canzonetta. Commenta Armando Torno: “Se volessimo sintetizzarle, dopo l'analisi dell'accaduto con Mozart, basterà dire che la memoria musicale si avvale di tre evidenti funzioni: percepire i suoni, analizzarli e ricordarli identificando l'insieme che formano. Questo genere di memoria è qualcosa di particolare, costruito sul modello modulare: è insomma una memoria specificamente tonale indipendente da quella verbale. Lechevalier nota inoltre che l'emisfero cerebrale destro ha un ruolo preponderante per esprimere questa facoltà. Poi di pagina in pagina, l'odissea della musica che scolpisce il tempo porta a riconoscere la difficoltà di ricordare i timbri, si accerta il fatto che la codificazione dipenda dalla struttura dell'opera e che il cervello di Wolfgang Amadeus fu un prodigio offertoci dal cielo. Magari con l'ipertrofia dei lobi temporali e del corpo calloso, delle aree associative parieto-occipito-temporali (come il giro angolare) e della corteccia frontale”. Al di là delle spiegazioni fisiologiche e scientifiche che si possono immaginare, occorre riconoscere il carattere assolutamente eccezionale e unico di una mente geniale che ci lascia semplicemente sbalorditi e pieni di stupore.

 

La pubblicazione dello spartito

 

Lo stesso stupore che colpì anche il Papa come ci fa sapere sempre Leopold in un’altra lettera indirizzata alla Pertl il 19 maggio successivo: “Tutta Roma e persino il Papa stesso sa che l'ha trascritto. Non c'è assolutamente niente da temere, al contrario, l'impresa gli ha fruttato un grande credito”. Colpito e divertito, il Pontefice, infatti, premiò il giovane musicista prodigioso nominandolo cavaliere appuntato all’Ordine dello Sperone d’Oro.

Dopo il furto del giovane genio, fu tolta la minaccia di scomunica e l’anno successivo nel 1771 Charles Burney, compositore inglese e viaggiatore, dopo aver contattato i Mozart e visionato lo spartito rubato del Miserere di Allegri, lo diede alle stampe divulgandolo per la prima volta. Bisognò attendere, comunque, il 1840 per arrivare alla pubblicazione, da parte del del sacerdote romano Pietro Alfieri, dello spartito comprendente anche la particolare ornamentazione rinascimentale tramandata dagli interpreti della Cappella.

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