Il temperamento equabile è il compromesso invisibile su cui si regge gran parte della musica occidentale. Nato per permettere la modulazione tra tonalità diverse, ha sacrificato la purezza degli intervalli naturali in nome della flessibilità. Oggi lo diamo per scontato, ma non è sempre stato così. Questo testo ripercorre la storia, le implicazioni acustiche e le sfide artistiche di un sistema che ha reso tutte le tonalità uguali — al prezzo di renderle, in fondo, un po’ meno vere.
Una simmetria che non esiste in natura
Il temperamento equabile è uno degli accordi taciti più straordinari — e meno percepiti — della musica occidentale. Nato come soluzione ingegneristica al problema della modulazione tonale, è diventato la grammatica invisibile del nostro ascolto.
La sua forza? Tutte le tonalità sono utilizzabili allo stesso modo.
La sua debolezza? Nessuna delle relazioni armoniche fondamentali è perfetta.
Ma come siamo arrivati a preferire un sistema imperfetto? E cosa abbiamo sacrificato nel farlo?
Intervallo |
Intonazione giusta(cent) |
Temperamento equabile(cent) |
Differenza (cent) |
---|---|---|---|
Quinta giusta |
701,955 |
700 |
-1,955 |
Terza maggiore giusta |
386,314 |
400 |
+13,686 |
Sesta maggiore giusta |
884,359 |
900 |
+15,641 |
Una differenza di 1-2 centesimi può essere trascurabile. Ma oltre i 5 cent il battimento diventa percepibile all’orecchio allenato, e oltre i 10 diventa sgradevole nel canto corale o negli strumenti ad arco, che tendono istintivamente verso la purezza.
Nel Rinascimento e nel primo Barocco si usavano sistemi “temperati irregolari” (Werckmeister, Kirnberger, Vallotti), che favorivano alcune tonalità (Do, Fa, Sol) a discapito di altre (Fa#, Si, Do#), considerate “aspre” o addirittura inutilizzabili.
In questi sistemi, le quinte e le terze erano temperate solo parzialmente, e ogni tonalità possedeva un suo "colore", una personalità.
Johann Sebastian Bach, nel Clavicembalo ben temperato, non usava il temperamento equabile moderno, ma piuttosto un sistema “ben temperato” (forse di tipo Werckmeister III), che favoriva le tonalità usate più frequentemente.
Contrariamente a una leggenda diffusa, il titolo dell’opera non implica l’uso dell’equal temperament, ma piuttosto un sistema flessibile adatto a esplorare tutte le 24 tonalità.
Gli strumenti: chi può ignorare il compromesso?
La musica temperata funziona perché il nostro cervello accetta la dissonanza come norma. A forza di ascoltare terze da 400 cent, non percepiamo più la differenza con la “vera” terza (386 cent).
La neuroestetica ha dimostrato che la percezione della consonanza è parzialmente appresa, e si plasma culturalmente.
Tuttavia, quando un orecchio abituato alla musica “temperata” ascolta un’esecuzione in intonazione pura, come nel canto gregoriano o nel maqam arabo, può percepire qualcosa di più “vibrante”, più “vero”. Quella è la risonanza che riflette le leggi armoniche naturali.
Nel XX e XXI secolo, molti compositori hanno tentato di superare il temperamento equabile:
Nel mondo della musica sperimentale e ambient, l’accordatura stessa è diventata un parametro espressivo. Alcuni artisti elettronici (come Kali Malone, Caterina Barbieri, William Basinski) esplorano l’effetto ipnotico delle accordature naturali, ricreando risonanze simili a quelle ottenute in contesti rituali o meditativi.
Il temperamento equabile è un atto di ingegneria musicale e culturale. Un compromesso raffinato, una trappola funzionale.
Non è “vero” dal punto di vista fisico. Non è “giusto” da quello matematico. Ma è perfetto per l’estetica del movimento tonale che ha dominato per tre secoli.
Eppure, oggi, mentre la musica occidentale torna a interrogarsi su consonanza, vibrazione, naturalità, la questione dell’accordatura riemerge come spazio espressivo.
Non come correzione, ma come possibilità poetica.
In fondo, tutta la musica è un artificio. Ma c’è artificio e artificio.
E quello della scala temperata è uno dei più eleganti che l’orecchio umano abbia mai accettato.