Beethoven e la sordità: la storia di una commovente lotta

Ludwig van Beethoven ha dovuto fare i conti, fin da giovane, con problemi di udito, che lo hanno portato alla completa sordità. Eppure, nonostante questa grave sofferenza è stato in grado di comporre capolavori immortali della storia della musica.

Beethoven e la sordità

Il giovane Beethoven era conosciuto come il musicista più importante dai tempi di Mozart. Verso la metà degli anni '20, aveva studiato con Haydn ed era celebrato come un pianista brillante e virtuoso.

A 30 anni aveva composto un paio di concerti per pianoforte, sei quartetti d'archi e la sua prima sinfonia. Tutto andava bene per il giovane musicista, con la prospettiva di una lunga carriera di successo.

Tuttavia, già intorno all'età di 26 anni, Beethoven iniziò a soffrire di problemi di udito. Nel 1800 scrive da Vienna ad un amico d'infanzia - che allora lavorava come medico a Bonn - affermando: “Negli ultimi tre anni il mio udito è diventato sempre più debole. Posso darvi un'idea di questa peculiare sordità quando devo dirvi che a teatro devo avvicinarmi molto all'orchestra per capire gli esecutori, e che da lontano non sento gli acuti degli strumenti e le voci di cantanti… a volte sento a malapena le persone che parlano a bassa voce. Posso avvertire un suono, ma non distinguere le parole. Eppure, se qualcuno grida non posso sopportarlo”.

Beethoven cercò di mantenere il segreto sulle sue condizioni, temendo ripercussioni negative sulla sua corriera di musicista. In un'altra lettera scrisse: “Per due anni ho evitato quasi tutti gli assembramenti perché mi è impossibile dire alla gente 'sono sordo'”. "Se appartenessi a qualsiasi altra professione sarebbe più facile, ma nella mia professione è una condizione spaventosa".

Un aneddoto riferisce che un giorno Beethoven era fuori per una passeggiata in campagna con il collega compositore Ferdinand Ries e, mentre camminavano, videro un pastore che suonava il flauto. Beethoven intuì dall’espressione dell’amico, che stava ascoltando la musica eseguita dal flauto, che però risultava inaccessibile al suo udito. Si dice che Beethoven non sia più stato lo stesso dopo questo incidente, in quanto si dovette confrontare per la prima volta con la propria menomazione.

Apparentemente Beethoven poteva ancora sentire parole e musica fino al 1812. Ma all'età di 44 anni era quasi completamente sordo e incapace di sentire le voci o tanti dei suoni della sua amata campagna.

La causa esatta della sua perdita dell'udito è sconosciuta. Le teorie vanno dalla sifilide all'avvelenamento da piombo, al tifo o forse anche alla sua abitudine di immergere la testa nell'acqua fredda per tenersi sveglio.

Ad un certo punto affermò di aver subito un attacco di rabbia nel 1798, quando qualcuno lo interruppe al lavoro. Essendo caduto, disse, si rialzò e si ritrovò sordo. Altre volte, ne attribuiva la colpa a problemi gastrointestinali. "La causa di ciò deve essere la condizione del mio ventre che come sai è sempre stato miserabile ed è andato peggiorando", scrisse, "poiché sono sempre turbato dalla diarrea, che causa una debolezza straordinaria".

Un'autopsia, eseguita dopo la sua morte, ha rilevato un orecchio interno dilatato, che aveva sviluppato lesioni nel corso del tempo.

Il genio di Bonn ricorse anche a vare cure per cercare di alleviare le sue sofferenze, come ad esempio fare un bagno tiepido nell'acqua del Danubio, che sembrò aiutare i disturbi di stomaco di Beethoven, ma senza esito sulla sua sordità. "Mi sento più forte e meglio, tranne per il fatto che le mie orecchie cantano e ronzano costantemente, giorno e notte." Un altro rimedio piuttosto bizzarro consisteva nel legare la corteccia bagnata alla parte superiore delle braccia fino a quando non si seccava e produceva vesciche. Naturalmente neanche questo trattamento ebbe alcun esito, se non tenerlo lontano dal pianoforte per due settimane.

Dopo il 1822 rinunciò a cercare cure per il suo udito, provando una serie di apparecchi acustici, come speciali trombe.

La sordità non costituì un impedimento alla sua vena creativa, che faceva affidamento sul fatto che egli aveva ascoltato e suonato musica per i primi tre decenni della sua vita e quindi aveva una precisa conoscenza di come suonavano gli strumenti e le voci e di come farle interagire insieme. La sua sordità si è configurata come un lento deterioramento, piuttosto che un'improvvisa perdita dell’udito; quindi, era in grado di immaginare nella propria mente come sarebbero suonate le sue composizioni.

Le governanti di Beethoven riferirono che, man mano che il suo udito peggiorava, era solito sedersi al pianoforte, e mettersi una matita in bocca, toccandone l'altra estremità con la tavola armonica dello strumento, per sentire la vibrazione delle note. Pur non impedendone la capacità di scrittura musicale, la sordità l’ha inevitabilmente condizionata. Nei suoi primi lavori, quando Beethoven poteva sentire l'intera gamma di frequenze, faceva uso di note più alte nelle sue composizioni. Quando il suo udito si scemò, iniziò a usare le note più basse, che poteva sentire più chiaramente. Durante questo periodo furono scritte diverse opere, tra cui la Sonata al chiaro di luna, la sua unica opera Fidelio e sei sinfonie. Le note alte tornarono nelle sue composizioni verso la fine della sua vita, il che suggerisce che stesse ascoltando le opere prendere forma solo con l’aito della sua immaginazione.

Nonostante la sua condizione, il musicista tedesco continuò ad esibirsi. Il compositore Louis Spohr, dopo averlo visto in una prova nel 1814 per il Trio dell'Arciduca, disse: "Nei passaggi forti il ​​povero sordo picchiava sui tasti finché le corde non tintinnavano, nei passaggi meno intensi suonava così piano che interi gruppi di note venivano omessi, al punto che la musica risultava incomprensibile a meno che non si potesse guardare nello spartito. Ero profondamente addolorato per un destino così difficile”.

Quando arrivò la prima della sua imponente sinfonia corale in Re minore, il 7 maggio 1824, tre anni prima della sua morte, Beethoven insistette per dirigerla. L'orchestra assunse, tuttavia, un altro direttore, Michael Umlauf, per affiancare il compositore. La sinfonia, alla fine dell’esecuzione, ricevette un applauso estatico, che Beethoven non poté sentire. La leggenda narra che un giovane contralto, Carolina Unger, si avvicinò al maestro e lo fece voltare verso il pubblico, per vedere l'adorante ovazione tributata alla sua musica eccezionale, nata dalla sua lotta contro una condizione che sembrava renderla impossibile.

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