Breve excursus storico sull’improvvisazione in musica

L’improvvisazione ha attraversato la storia della musica sia delle civiltà extraeuropee, dove è intimamente legato al concetto stesso di composizione, che nella musica europea dove è sempre stata oggetto di di una distinzione rispetto alla musica scritta. Qui, facciamo una rapida ricostruzione della sua storia a partire dal Medioevo per arrivare al Novecento, passando per gli epici duelli a colpi di improvvisazione tra Scarlatti ed  Händel, Clementi e  Mozart.

improvvisazione in musica

L’improvvisazione in musica indica la libera invenzione di un brano musicale nel momento stesso della sua esecuzione. Riservata per sua natura ad un esecutore solista, l’improvvisazione poté presentarsi, nel passato, nella forma sia di libera invenzione su uno o più temi dati, sia di ornamentazione di una melodia data. Mentre nella musica delle civiltà extraeuropee il concetto di improvvisazione è intimamente legata al concetto stesso di composizione, in quanto l’esecuzione di un brano di identifica sempre con la sua improvvisazione, nella musica europea essa fu sempre oggetto di una distinzione piuttosto netta rispetto alla musica scritta.

Nel Medioevo fu viva la pratica di improvvisare il discanto, cioè la voce che accompagna il canto gregoriano, secondo determinate norme generali. Nei secoli seguenti l’improvvisazione fu largamente praticata con gli strumenti da tasto e da pizzico attraverso le tecniche dell’ornamentazione chiamate della coloratura e della diminuzione e di quelle sviluppatesi dalla realizzazione estemporanea del basso continuo. Grandi improvvisatori furono tutti maggiori clavicembalisti dal Cinquecento al Settecento, da P. Hofhaimer a J. Buus, da G. Parabisco a Annibale Padovano, da C. Merulo ai due Gabrieli, da G. Frescobaldi a J. Sweelinck, da J. Bull a D. Buxtehude, fino a J. S. Bach. L’improvvisazione divenne anche motivo di gara: memorabili rimasero le gare di improvvisazione al clavicembalo fra D. Scarlatti ed G. F. Händel, nel 1708 a Roma, e al pianoforte tra W. A. Mozart e Clementi, nel 1781 a Vienna.

La consuetudine dell’improvvisazione si mantenne anche durane il romanticismo; fin verso la fine del XIX secolo grandi compositori, strumentisti, cantanti furono spesso anche grandi improvvisatori e si esibirono, come tali, sia nell’opera che nel concerto, specialmente in quei luoghi all’improvvisazione esplicitamente riservati, e previsti nella composizione, chiamati cadenze. In epoca moderna l’improvvisazione non fu più coltivata, solo conservandosi nella pratica organistica legata alla liturgia, con funzione di riempitivo e di collegamento tra un momento e l’altro del servizio.  

Invece l’improvvisazione su schemi armonici preordinati venne a svolgere una funzione di primo piano nel jazz, sotto la provocazione dell’impulso ritmico e delle suggestioni timbriche e strumentali e vocali, sia in forma solistica che collettiva. L’improvvisazione di tipo jazzistico è stata in seguito adottata anche da arte della musica pop. Notevole rilievo l’improvvisazione ha nuovamente assunto nell’ambito della musica colta del Novecento in stretto rapporto con il concetto di alea, ovvero della casualità.

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