Una riflessione sul rapporto tra musica e tempo

La musica è l’espressione artistica più strettamente legata alla dimensione del tempo, essendo costruita interamente all’interno di una dinamica che, a partire da una rigorosa strutturazione di un tempo oggettivo, genera l’esperienza del tempo soggettivo di ascolto, all’interno del quale il tempo che conosciamo magicamente assume un altro significato e un’altra direzione.

 

musica e tempo

La musica è l’arte più intimamente connessa al tempo, anzi si potrebbe dire meglio che è arte del tempo per eccellenza, in quanto una rispecchia l’altro dal momento che entrambi sono celebrazione dell’impermanenza. Come nel tempo ogni secondo si succede all’altro senza lasciare traccia in un movimento rettilineo senza senso in cui nulla si conserva, così nella musica ogni suono ha una sua esistenza effimera che si dissolve nello spazio dell’ascolto e dell’esecuzione.

Tuttavia, la musica nel suo manifestarsi riesce a conferire evidenza e un senso allo scorrere del tempo. All’interno di una sequenza sonora che si dispiega nell’arco di un intervallo temporale, i suoni non si eliminano, ma coesistono ricevendo valore dai loro rapporti interni di contiguità. È affidato alla nostra memoria il compito di serbare il passato relazionandolo con l’istante che accade nel presente e quello che si colloca nel futuro, conferendo un senso unitario alla successione sonora.

In questo senso, pur sviluppandosi all’interno di un preciso asse temporale, in quanto totalità organica dotata di senso e struttura propria, la musica trascende il tempo riconfigurandone struttura e direzione. Come disse Claude Levi-Strauss: “la musica è una macchina per sopprimere il tempo”, in quanto immobilizza il tempo che passa.

 

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Tempo soggettivo e tempo oggettivo

 

È esperienza comune il dilatarsi o comunque il modificarsi della percezione temporale durante l’ascolto musicale, che sostituisce al tempo oggettivo quello soggettivo, tipico dell’esperienza estetica. Si è appena fatto riferimento ad una distinzione essenziale tra tempo soggettivo e tempo oggettivo, si tratta di due piani che all’interno della musica coesistono e si intrecciano inevitabilmente. La magia della soppressione del tempo soggettivo può avvenire solo grazie ad una rigorosa organizzazione temporale oggettiva.

In questa prospettiva, il tempo indica il movimento più o meno rapido a cui occorre attenersi nell’esecuzione di un brano musicale, osservando le indicazioni poste al principio del brano stesso (adagio, allegro, presto), o nel corso di esso (accelerare, rallentare, stringere).  Nello sviluppo storico del discorso musicale si è assistito ad una progressiva messa a punto di una esatta misurabilità di questo tempo di esecuzione e alla ideazione dei necessari strumenti di rilevazione dello stesso. Per secoli ci si attenne al battito medio del polso umano, 78/80 pulsazioni al minuto, per calcolare in termini approssimativi la durata di una data nota presa come punto di riferimento (ad esempio la minima o la semiminima); questo criterio, presentava una duplice variabilità legata sia al variare del sistema di notazione che a quello proprio di ogni battito cardiaco del singolo individuo.

Tra i primi a inserire notazioni relative al tempo, Frescobaldi pubblicò nel 1634 le sue Canzoni da Sonar, dove i cambiamenti di tempo corrispondevano a variazioni del valore delle note. A partire dal secolo successivo si affermò la pratica dell’esecuzione secondo le indicazioni delle didascalie indipendentemente dal valore delle note. Arrivati all’inizio del XIX secolo si arrivò una misurazione affidabile del tempo musicale grazie a Maelzel e all’invenzione del metronomo, uno strumento che offre a tutt’oggi, pur se con i dovuti aggiornamenti (in origine era meccanico oggi anche elettronico, software, ma anche strumento online), una misurazione invariabile e oggettiva del tempo musicale.

 

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La chiusura del cerchio

 

Come ha sottolineato Michel Imberty nel suo La musica e l’inconscio, se da un lato la materia della musica è il tempo cronologico e la sua organizzazione in impulsi regolari e ripetuti, ciò che costituisce, fondandolo il tempo della musica, sono le svariate modalità di strutturazione del materiale musicale. Quando si parla di queste svariate modalità si fa riferimento ad elementi come la ripetizione anzitutto, che nel suo stretto legame con lo sviluppo tematico e la variazione, “è altamente produttiva e creativa, fondatrice di un tempo e di una durata organizzati, ritmati, anticipabili”.

Quindi, chiudendo il cerchio, potremmo dire che la musica servendosi di elementi strutturali organizzati all’interno di un tempo oggettivo, crea quella dimensione soggettiva del tempo d’ascolto cui si faceva riferimento in apertura, prosegue, infatti, Imberty: “La ripetizione […] genera il tempo e, nel tempo, una direzionalità, un presente che va verso qualcosa: ma genera anche un prima e un dopo, con i quali il compositore invita l’ascoltatore a giocare, ricordare e anticipare, con un margine sufficiente d’incertezza affinché ogni volta si insinui la sensazione che la ripetizione avrebbe potuto non realizzarsi, che il futuro può sempre essere sconosciuto, che il medesimo atteso può fondersi in un altro che, a sua volta, può tuttavia non essere completamente diverso”.

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